Cane entra in proprietà privata: che fare?

Responsabilità civile, amministrativa e penale del padrone del cane o di chi ne ha la custodia: cosa fare se l’animale spaventa il vicino, entra nel suo giardino, morde o fa i bisogni sul terreno altrui. 

«La polpetta avvelenata»: per scherzo o sul serio, è questa la prima risposta che si dà quando qualcuno ti chiede che fare se il cane entra in proprietà privata? 

Come potrai ben immaginare, le legge non ti consente di uccidere un animale solo perché è entrato nel tuo recinto o fa la pipì sui fiori del tuo giardino. Il Codice penale sanziona l’uccisione di animale tutte le volte in cui essa avviene per crudeltà o per motivi futili. E la “futilità” viene anche valutata sulla base del contrapposto interesse. Questo significa che se un cane ti sta per mordere o sta per aggredire tuo figlio, ti è consentito fargli del male, ma non se sta minacciando un tuo bene di natura “patrimoniale”.

Non per questo, però, non ti è possibile appellarti alla legge se il cane entra nella proprietà privata. Ma naturalmente, poiché questi non è un soggetto imputabile e non potrà andare in galera o pagare le multe, a risponderne sarà il suo proprietario.

Vediamo allora che fare in queste situazioni.

Cane: responsabilità civile, penale e amministrativa del padrone

Il padrone di un cane risponde di tutte le condotte del proprio animale. Lo stabilisce sia il Codice civile che quello penale.

Da un punto di vista civilistico, la legge [1] dice che il proprietario di un animale (o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso come ad esempio un familiare o il dog-sitter) è responsabile dei danni cagionati dall’animale stesso, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito. Si esonera dalla responsabilità solo se dimostra che l’evento è avvenuto per caso fortuito. Siamo dinanzi a quella che viene tecnicamente definita «responsabilità oggettiva» che scatta, cioè, senza che vi sia un’intenzione o una colpa del proprietario, ma per il solo fatto che questi abbia una relazione con il quadrupede.

Se, quindi, il cane rompe il vaso del vicino o lo azzanna, spetta al proprietario o a chi lo portava a spasso aprire il portafogli e risarcire la vittima. Né potrà appellarsi al fatto che l’animale abbia strattonato il guinzaglio o rotto la catena a cui era ancorato o saltato il cancello del recinto nel quale si trovava.

Da un punto di vista amministrativo, il Codice penale [2] stabilisce che chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con la sanzione amministrativa da euro 25 a euro 258. Tale comportamento era prima un reato, ma ora è stato depenalizzato.

Anche qui l’obbligo sorge ogni volta che sussista una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l’animale e una data persona.

Nel richiamare solo il caso di animali pericolosi, sembra non potersi applicare tale norma ai barboncini e ai cani di piccole dimensioni, i cui danni quindi rientrano solo nell’orbita civile del risarcimento.

Infine, da un punto di vista penale [3], il Codice assegna la pena della reclusione fino a 3 mesi o la multa fino a 309 euro a chiunque cagiona ad altri – anche a mezzo del proprio cane – una lesione personale.

Cane entra nella proprietà altrui: che fare?

Per stabilire che fare se il cane entra nella proprietà altrui non resta che valutare le conseguenze della sua condotta. Di certo, non si può denunciare il padrone per violazione del domicilio, né tantomeno l’animale. A rischio di sembrare scontati, dobbiamo infatti ricordare che tutte le querele o le azioni legali si possono sporgere solo nei confronti di chi ha il possesso (anche se temporaneo) del cane e non nei confronti del cane stesso.

Facciamo alcuni esempi pratici.

Danni provocati dall’animale

Nel caso di danni economici procurati dal cane entrato nella proprietà privata (si pensi a un vaso rotto o agli escrementi sulle piante o nell’orto), l’unica carta che può giocare il danneggiato è l’azione civile di risarcimento.

Bisognerà prima vagliare l’entità del danno. La giurisprudenza, infatti, rigetta le domande presentate per valori irrisori (ad esempio un danno di poche decine di euro). Così se il cane orina spesso sulle piantine di basilico non c’è tribunale che possa darti ascolto. Ma se il fatto si ripete in continuazione, tanto che il danno possa essere ritenuto consistente, allora si potrà valutare la convenienza di un atto di citazione.

Animale che spaventa

C’è chi ha paura degli animali, piccoli o grandi che siano. In questo caso, si può chiamare la polizia municipale o informare la questura che provvederanno a inviare gli atti alle autorità amministrative preposte all’irrogazione della sanzione. Il proprietario dovrà pagare la multa allo Stato per aver lasciato libero o incustodito l’animale. Se poi da tale situazione ne deriva anche un danno (ad esempio l’impossibilità di rientrare a casa nel timore di essere aggrediti dal cane altrui) si potrà agire anche in sede civile.

Animale che aggredisce

L’ultima carta è quella della querela alla polizia o ai carabinieri per le lesioni, lievi o gravi che siano. In tal caso, il proprietario risponderà del reato. La vittima potrà altresì costituirsi, a mezzo di un avvocato, nel relativo processo penale – attraverso la cosiddetta costituzione di parte civile – per ottenere altresì il risarcimento.

Responsabilità del custode dell’animale

La giurisprudenza ha richiamato spesso all’ordine non solo il padrone del caso, quello cioè registrato come tale all’anagrafe canina, ma anche chi lo ha in custodia in un particolare momento. Il caso tipico è quello del coniuge o del convivente che porti a spasso l’animale di proprietà del partner; lo stesso dicasi anche per il dog-sitter.

La responsabilità del proprietario o detentore dell’animale è presunta, ed è fondata sul rapporto di fatto con l’animale stesso.

La responsabilità del proprietario dell’animale, essendo alternativa rispetto a quella del soggetto che lo ha in custodia, è esclusa in tutti i casi in cui il danno sia cagionato mentre l’animale, in virtù di un rapporto anche di mero fatto, sia utilizzato da altri o sia da questi tenuto in custodia, con il consenso del proprietario.

La responsabilità del custode, inoltre (come quella del proprietario) è di natura oggettiva, conseguente al mero rapporto di fatto con l’animale e non dipendente da una sua colpa o dolo.

Caso fortuito

Il proprietario o il custode del cane può superare la presunzione di responsabilità solo provando che il fatto è avvenuto per caso fortuito, ossia un fattore esterno con i caratteri della imprevedibilità, della inevitabilità e della assoluta eccezionalità, che nulla ha in comune con l’imprevedibilità dei comportamenti dell’animale, costituendo una caratteristica ontologica di ogni essere privo di raziocinio.

note

[1] Art. 2052 cod. civ.

[2] Art. 672 cod. pen.

[3] Art. 590 cod. pen.

Fonte: laleggepertutti

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